Il caso dei tortellini al cavallo ritirati dal mercato è solo la punta dell’iceberg. Perché le sofisticazioni alimentari, dalla carne in poi, sono una pratica diffusa. E non si tratta di semplici truffe, ma di reati che ci rovinano la salute
di Emiliano Fittipaldi
La Nestlè ha ritirato i tortelli e i ravioli commercializzati dalla Buitoni. Motivo? Dopo alcune analisi sugli ingredienti, la multinazionale svizzera che controlla il marchio ha scoperto tracce (pari all’1 per cento) di Dna equino. In pratica, invece del manzo è stato messo nel ripieno un po’ di carne di cavallo. «Nessun pericolo per la salute», si è affrettata ha chiarire l’azienda. Nelle ultime settimana altri due scandali in Inghilterra hanno fatto tremare i consumatori: in alcuni hamburger congelati erano state trovate grandi quantità di carne equina, così come carne di cavallo era nel ripieno delle lasagne Findus.
Anche qui le industrie alimentari hanno cercato di gettare acqua sul fuoco, spiegando che i subappaltatori avrebbero usato i cavalli perché più economici sul mercato, in modo da alzare il fatturato. Una truffa, semplicemente. Una relazione della commissione parlamentare britannica ha parlato invece, per gli hamburger, di uno «scandalo da togliere il respiro», perché la probabilità che non siano rispettati gli standard igienici e ci siano quindi rischi per la salute è altissima.
Chi vi scrive nel 2010 ha pubblicato un libro (Così ci uccidono, Rizzoli) in cui si analizza il fenomeno. Perché dopo la mucca pazza, il pollo con l’aviaria, la peste suina e l’afta epizootica sulla carne si è concentrato ogni angoscia alimentare dell’ultimo decennio. Allarmi spesso ingiustificati, con false pandemie che hanno generato panico e profitti mostruosi per le multinazionali farmaceutiche che hanno venduto vaccini e medicine agli Stati di tutto il mondo.
Ma la carne, però, può far male davvero soprattutto se se ne mangia troppa, mentre la sua produzione è una delle cause principali del cambiamento climatico del pianeta: tra emissioni per produzione e trasporto e gas prodotti dal sistema digerente degli animali e dal letame. Ed è, sempre più spesso, intrisa di sostanze che colpiscono la nostra salute.
Partiamo dal 2008, in Canada, dodici persone muoiono per una partita di carne infetta. Il killer è un batterio che si chiama “listeria monocytogenes”, e spesso appare minaccioso nel bollettino della Ue. Migliaia di tonnellate di confezioni già finite sui banchi vengono ritirate dal mercato: la Maple Leaf Food di Toronto vende insaccati anche alle aziende che riforniscono grandi catene di fast food e supermercati, il terrore si propaga in mezzo Stato. In America, nell’autunno 2007 a Cold Springs, profondo Minnesota, la signora Smith aveva deciso che quella sera avrebbe preparato una cena a base di patatine al forno, insalata e hamburger. Non poteva sapere che sua figlia Sthefanie, 22 anni, sarebbe entrata in coma dopo poche ore, e che dopo nove settimane di agonia sarebbe finita, paralizzata, su una sedia a rotelle. Tutta colpa della carne: venduta dalla Cargill come “angus beef di prima qualità”, era in realtà un mix schifoso fatto di scarti di macello di vari stabilimenti, una poltiglia che conteneva un colibatterio killer, la salmonella più pericolosa di tutte, la O157:H57.
Il caso di Sthefanie è finito in prima pagina sui giornali a stelle e striscie, New York Times in primis. Il caso della studentessa Daniela N., chiamiamola così, no. Nessuno in Italia ne ha parlato. Eppure, è ugualmente drammatico: dopo aver mangiato carne trattata da un macellaio di Catania con solfito di sodio, sostanza che blocca il processo di decomposizione lasciando inalterato il colore dei pezzi di bovini, subì uno choc anafilattico devastante. Era allergica ai nitrati e ai solfiti. Per colpa del conservante finì in coma per giorni. Quando si svegliò i danni celebrali erano gravissimi. Oggi è immobilizzata nel letto della sua camera. Il macellaio è stato condannato in primo grado, come ricorda l’Ansa il 13 giugno 2008, a 6 anni di reclusione e a pagare 200 mila euro alla famiglia.
Daniela è stata solo sfortunata, o quello che le è capitato può accadere a chiunque? In Italia sono centinaia le persone avvelenate ogni anno da fettine, cotolette, salsiccie e salumi sofisticati o di pessima qualità. I bimbi sono la categoria più a rischio: secondo l’Istituto superiore di sanità alla fine del 2008 si contavano una quarantina di casi sospetti di Escherichia coli, un’infezione che può anche avere conseguenze invalidanti. Il batterio è trasmesso dalle mucche attraverso il latte o la carne mangiata mezza cruda. Casi più gravi in Lombardia, Veneto, Emila Romagna, Campania, Puglia, nei dintorni di Roma.
Il veleno è in tavola – l’Espresso.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...